L’arrivo a Verdish
La giornata di marcia si stava concludendo velocemente, i carri avevano accelerato di molto i tempi consentendo di guadagnare ore preziose. La strada adesso proseguiva all’interno ad uno dei boschi circostanti la città di Verdish, il mare lo si era intravisto già da un po’ e qualcuno sembrava adesso più sollevato, l’idea di tornare in una città con altre persone li rendeva entusiasti, sentendosi forse più al sicuro. Altri invece sembravano preoccupati, forse spaventati dall’idea che potesse accadere ancora.
Il tramonto era quasi alle porte e quando il fitto bosco finalmente si apri, regalò uno spettacolo quasi unico.
Il mare che prima lo si era visto di fronte a se con il suo profondo blu, adesso si trovava a sinistra e stava assumendo i colori caldi del tramonto. Un via vai di imbarcazioni di ogni forma e colore si estendevano fino all’orizzonte in quel mare di acqua e colori, diretti chissà dove, approfittando della marea prima del buio della notte.
La flotta di navi ancorate al porto era immensa in una città che si sviluppava principalmente seguendo la linea della costa.
A destra una verde vallata di avena e grani non ancora pronti ondeggiavano seguendo il vento, dando l’impressione che le onde del mare proseguisse la sua strada ben oltre il limite della terra ferma.
Nonostante ci volesse ancora un’ora di camminata. L’imponenza della città era evidente già da quella distanza. Era difficile pensare che questa una volta era la seconda città più florida del ducato, prima della caduta di Helia.
Ma è evidente come sia sempre stata una delle principali di tutto il regno, forse la prima per importanza commerciale.
Furono le persone a piedi i primi ad aumentare il passo, presi dall’euforia e dall’idea di un luogo sicuro.
Uno dei soldati a cavallo fu mandato avanti a tutti da Lisbeth cosi da avvisare che entro poco sarebbero giunti alle mura.
Sotto le mura lo spettacolo era ancora più impressionante.
Di solida pietra giallo-ocra, le mura si erigevano alte più degli alberi circostanti, con torri ogni cinquanta-sessanta metri che superavano le mura di almeno altri dieci metri con enormi trabucchi sopra ciascuna torre. Evidenti erano le riparazioni nel corso degli anni delle mura dovute alle guerre che in passato avevano avuto luogo in queste terre e le continue opere di manutenzione che avevano avuto luogo anche nei periodi di pace.
Si trovavano all’entrata Est, di fronte a uno degli ingressi secondari che davano sulle periferie della città e questo non poteva che far aumentare il prestigio di quella città nei cuori di chi vi veniva per la prima volta.
L’enorme portone in ferro e legno era tutto decorato. Il legno intagliato con effigi che raffiguravano gloriose battaglie del passato, intere storie raffigurate in un susseguirsi di eventi senza capitoli in sole due pagine di solida e rigida storia.
Alla base dell’arco dove risiedeva la porta, attendeva Lady Sylvia con un piccolo esercito al suo seguito.
Armature scintillanti con elmi da cui spuntava un pennacchio color verde smeraldo, e mantelli neri con il bordo ricamato dello stesso verde del piumaggio dell’elmo. Erano le guardie personali della duchessa. Le migliori della città.
Garmas era su uno dei carri che faceva compagnia alla donna che il giorno prima aveva perso il controllo, Zaky era con loro che studiava l’esterno della città. William nel mentre attendeva poco dietro la nobile sorella le disposizioni della zia.
Lisbeth si fece avanti portando i saluti e i ringraziamenti per l’aiuto offerto. Dapprima sembrava fosse presa dall’emozione nel vedere la zia, ma questa rimanendo composta e ferma uccise presto il sentimento facendo sì che le due donne si scambiarono dei rapidi saluti abbastanza formali.
Sylvia non perse altro tempo, diede ordine ad uno dei suoi ufficiali di organizzarsi con gli ufficiali di Helia per sistemare gli sfollati a dovere e di assicurarsi che avessero avuto tutto ciò di cui avevano bisogno.
Dopodiché prese congedo, smontò da cavallo ed invito Lisbeth ad entrare in una carrozza nascosta dietro l’esercito armato -così potremmo avere la giusta riservatezza per poter parlare durante il viaggio senza dover attendere l’arrivo a palazzo- proferì la zia alla nipote.
Lisbeth si sentì crollare, questi ultimi giorni l’avevano trasportata in un mondo dove tutto questo non sarebbe più accaduto, dove le carrozze e gli stendardi facevano oramai parte del passato, dove i ricordi dovevano essere ricordi.
Se sentiva la testa leggera mentre saliva sulla carrozza che parti non appena questa fosse chiusa.
William notando il ritiro della sorella prese automaticamente il comando, dirigendo e coordinandosi con le forze locali affinché tutti potessero esser sistemati a dovere. Supponendo di rivedere presto la sorella.
Il luogo meglio organizzato e decoroso per raccogliere un tal numero di persone cosi improvvisamente era una delle caserme della città e la migliore in questo momento era una delle più vicine al palazzo.
Dovettero attraversare mezza città che si estendeva per lungo, lungo la costa, vista la direzione del loro arrivo.
Di fronte a loro non vi era traccia di Lisbeth, ma avevano di che occupare gli occhi.
La folla era tale che se non fosse stata per la scorta delle guardie probabilmente più della metà delle persone di Helia si sarebbero perse tra la gente. Uomini e donne di tantissime culture e razze si mescolavano tra di loro in una danza vorticosa e frenetica.
Animali mai visti prima, legati o in gabbia venivano caricati o scaricati dalle navi. Sopra tutti questi il verso di un animale regnava incontrastato.
Pelo bianco come la neve, lungo e folto, artigli lunghi come coltelli e fauci in grado sbrandellare un uomo come niente.
Era il più grande orso che Garmas e William avessero mai visto e anche Zaky sembrava impressionato, era chiuso in gabbia a quattro zampe ma al loro occhio esperto doveva essere alto almeno tre metri.
Per un momento, in mezzo a tutto quella varietà del mondo, sembrava che Helia fosse realmente scomparsa.
Camminarono un po’ in quella bolgia fino a che non giunsero a destinazione.
La caserma da fuori appariva molto spartana, totalmente in pietra con le finestre ai piani inferiori chiuse da inferiate in ferro.
All’interno la situazione non era migliore. La meta era l’ultimo piano, dove sarebbero stati distribuiti nelle varie camerate. Nel salire i piani tutto quello che si poteva notare era che le uniche cose non essenziali, che si trovavano in quel luogo, erano gli oggetti privati delle guardie.
William notò, in una delle camerate sopra un tavolino che separava due letti a castello; una candela accesa da un po’ oramai. Dietro questa, una bambola in pezza che doveva essere molto vecchia, valutò. Era rattoppata in più punti e dai pochi colori molto sbiaditi. Tuttavia mostrava esser tenuta molto bene, non era impolverata ed era posa correttamente seduta, segno probabilmente che veniva regolarmente sistemata. Forse il ricordo di una figlia, o di una famiglia di qualche soldato.
L’ultimo piano era povero come tutti gli altri e sembrava esser stato rimesso in ordine molto velocemente.
Vennero distribuite molto velocemente le camerate tra la popolazione, dividendo tutti in gruppi da sei a dodici. Solo I fratelli e Zaky ricevettero una stanza per loro privata in fondo al corridoio.
Il sole era praticamente calato e in quel periodo dell’anno voleva dire che era già tardi per la cena. Ma solo adesso che ci si era fermati ci si era resi conto di come i morsi della fame si facevano sentire. Specialmente in quel momento in cui si stava distribuendo il cibo nelle varie camerate e l’odore del cibo caldo aveva sostituito quello del sudore e della birra che sembrava esser parte della caserma stessa.
Alla popolazione non era stato concesso l’ingresso alla mensa giustificando la decisione affermando che le guardie in caso di necessità non avrebbero dovuto avere impicci tra i piedi.
William e Zaky compresero benché pareva evidente che si trattasse di una scusa. Garmas semplicemente ignorò la questione soddisfatto comunque del fatto che avrebbero ricevuto del cibo.
Erano in caserma da un po’ oramai, di Lisbeth non si avevano più avuto notizie e loro attendevano novità prima ancora di un pasto. William era sdraiato sul letto preda delle più disparate riflessioni, mentre il rastone cercava di intrattenere il suo aiutante con i racconti dei suoi viaggi.
Una familiare voce femminile provenne dal corridoio, pochi passi percorsi di tutta fretta e un deciso bussare interruppero il momento.
Zaky si alzò ad aprire la porta da cui entro a tutta fretta Lisbeth.
William si alzò di scatto dal letto pretendendo chiarimenti sul suo improvviso allontanamento per tutto quel tempo, la sorella tuttavia lo mise subito a tacere ordinando loro di darsi una rapida sistemata che la zia la stava aspettando per la cena, e che, se volevano mangiare insieme e partecipare a quelle che sarebbero state le future decisioni, avrebbero dovuto sbrigarsi per poter far apparecchiare anche per loro prima che la cena iniziasse, rimandando le spiegazioni nel tragitto verso il palazzo.